La newsletter di oggi è dedicata al Giorno della Memoria per ricordare quel terribile periodo storico e per reagire ad un sotteraneo e diffuso negazionismo dell’Olocausto e all’antisemitismo che in questi ultimi anni sembrano essersi come riaccesi.
Partiamo dal presupposto che le leggi razziali furono la più grande vergogna per Mussolini, lo ha ricordato anche il Presidente Mattarella ieri. Fu l’inizio della fine. Perché a rinnegare i diritti di quegli italiani di religione ebraica, fu proprio lo Stato che doveva tutelarli.
Quello che successe dopo lo conosciamo. L’orrore della Shoah e dei campi di sterminio. “La soluzione finale”. Purtroppo tutto accadde sotto gli occhi indifferenti della gente, Ricordare affinché non si ripeta, questo è il senso del Giorno della Memoria. E noi quei milioni di uomini, donne e bambini strappati dalle proprie case, umiliati, violentati, uccisi, gassati, bruciati, non li dimenticheremo mai.
Perché abbiamo visto striscioni con scritto “la Shoah è una truffa”, abbiamo assistito a cerimonie dell’estrema destra col saluto fascista - simbolo eterno del Duce ormai paragonato ad un ciao con la manina - sentito dire dalla seconda carica dello Stato che a via Rasella i tedeschi erano una banda di musicisti attempati. No.
Per questo trovo perfetto il detto ebraico: “conserva e ricorda”. Perché tenere viva la memoria è l’unico strumento che abbiamo.
E a chi vuole far passare l’idea che l’olocausto non sia mai esistito ricorderemo le storie di oltre 6 milioni di persone uccise dai nazisti. E a chi dice che Mussolini ha fatto anche cose buone, ricorderemo le violenze, la guerra, i rastrellamenti e i treni partiti dalle nostre stazioni carichi di donne, uomini e bambini. Un triste viaggio di sola andata: solo in pochi fecero ritorno. Ogni volta che ci sarà bisogno, noi glielo ricorderemo. Perché non c’è niente di peggio che provare a cancellare il passato, per manipolare le coscienze più ingenue. La storia è e continuerà ad essere la nostra maestra, un aiuto per interpretare il presente, per non ripetere gli stessi errori, per non dimenticare. Mai.
Un libro: LA BANALITA' DEL MALE
Hannah Arendt, una delle più grandi filosofe del Novecento nel 1961 va a Gerusalemme come inviata del “The New Yorker” per assistere al processo di Otto Adolf Eichmann, criminale nazista catturato a Buenos Aires, considerato il “burocrate dell’Olocausto”, uno dei maggiori responsabili della macchina della morte del Terzo Reich.
Dal resoconto di questo processo che ha segnato la storia, nasce il saggio “La banalità del male”, una testimonianza sconvolgente. La Arendt passa continuamente dalla cronaca giudiziaria alla filosofia, ponendosi e ponendoci tante domande: c’è capacita di pensiero individuale nell’omologazione di un regime? Fino a che punto è giusto obbidire? I carnefici nazisti hanno una coscienza? E’ possibile distinguere il bene dal male? Queste e mille altre domande, queste e mille altre questioni ancora aperte.
Un film: IL PIANISTA
Mentre le bombe tedesche cadono su Varsavia, il pianista ebreo Wladyslaw Szpilman sta suonando il notturno in C diesis minore di Chopin per una radio locale. E’ la sua ultima trasmissione. Arriva l’occupazione nazista, una nuova vita nel ghetto, la fame, le deportazioni. Quella de “Il Pianista” è la storia straordinaria di un sopravvissuto, una storia vera raccontata in un libro e diventata poi un film, il capolavoro di Roman Polanski con Adrien Brody (nel 2002 ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e nel 2003 tre Premi Oscar).
Questo racconto drammatico, fortissimo, di un uomo solo che lotta per non morire, è forse uno dei più interessanti per capire i frutti del nazismo. Il Pianista è un film perfetto per coltivare la memoria.
Un'opera: YAD VASHEM
Yad Vashem, un monumento e un nome, è il museo sull’Olocausto di Gerusalemme disegnato dall’architetto Moshe Safdie e realizzato completamente in cemento armato, fatto di gallerie asimmetriche dove perdersi per trovare pezzi di storia.
La struttura è irregolare e si inserisce nella montagna come una lancia, come “una ferita nel cuore di Israele”. Lo spazio che ci fa piombare nel dolore più profondo è la Sala dei Nomi, un cono sotterraneo che porta alla luce, una cupola ricoperta di foto e lapidi simboliche, l’archivio di tutte le vittime della Shoah. Prigionieri con un volto, finalmente.
Il database è in continuo aggiornamento, qui potete consultarlo liberamente https://yvng.yadvashem.org/.
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