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Facciamo rumore



Il nostro è senza dubbio il secolo delle donne. Nel mondo occidentale le donne hanno accesso agli studi, al voto, al lavoro, all’indipendenza, alla libertà. Anche se servirebbero trattati interi per spiegare un tale fenomeno, provo a semplificare: in questa rivoluzione di genere, dove la donna può competere in tutti i campi (non senza fatica) l’uomo si trova invece ancora ad un’altra velocità. E può succedere che alcuni si trovino spiazzati da questo e che, ancorati ad un vecchio retaggio maschilista, non accettino una nuova libertà femminile. E può succedere che si sfoghino non tanto con il datore di lavoro, con l’amico, ma proprio con chi ritengono inferiore moralmente e fisicamente più fragile: una donna.Lungi da me il fare di tutta l’erba un fascio o di indicare nel genere “uomo” il nemico, ma con dati allarmanti su donne ammazzate e vittime di stupro, si è parlato su più fronti della necessita di “educare i maschi per tutelare le donne”.La prima parola per questa newsletter speciale sul 25 novembre è dunque EDUCAZIONE. Credo sia fondamentale toccare le radici della violenza nei terreni in cui proliferano, specialmente per i più giovani cresciuti spesso soli tra videogiochi, internet e cultura trap.


La seconda parola chiave è PREVENZIONE: la violenza sulle donne è stata per secoli socialmente tollerata, considerata parte di un ménage familiare di cui non si poteva e non si doveva parlare, frutto del famoso detto “i panni sporchi si lavano in casa”. Un sottobosco patriarcale in cui la donna viene considerata una “minorata”, una cultura fatta di umiliazioni quotidiane, insulti, controllo e negazione della libertà.Per fortuna le cose stanno cambiando e le donne vittime di questi soprusi hanno cominciato a denunciare. Per questo la parola “prevenzione” è importante: perché tutti i femminicidi avvenuti tra le mura domestiche sono stati l’apice di rapporti in cui avvenivano proprio ripetute vessazioni. Il maltrattamento è infatti considerato il reato spia ed è aumentato del 105% in dieci anni.Nel 2023 sono state uccise 107 donne, di queste 88, cioè due delitti su tre, sono state uccise dal loro compagno o ex. Per questo è importante diffondere un numero più importante, il 1522, il numero della rete anti violenza e stalking: un aiuto concreto in un momento di difficoltà può salvarti la vita.
La terza parola è CORAGGIO: la morte di Giulia Cecchettin ha suscitato in tutto il Paese un moto di indignazione collettiva che raramente si è visto per altri femminicidi. Sono convinta che da questo possa nascere una maggiore consapevolezza per chiedere risposte nuove e diverse alla nostra politica, proprio come ha detto il padre di Giulia ieri.La prima riguarda la sicurezza, perché purtroppo Polizia e Carabinieri sono sotto organico. La seconda riguarda i finanziamenti ai centri antiviolenza: secondo la ricerca ActionAid “l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha tagliato i fondi per la prevenzione della violenza contro le donne del 70%. Dai 17 milioni di euro stanziati dal governo Draghi per il 2022 siamo passati a 5 milioni per il 2023.”Per questo oggi sarò in piazza, perché è importante dare seguito a questa ondata emotiva con richieste concrete. E anche se non condivido le posizioni radicali di chi l’ha organizzata, anche se credo fermamente nella parità dei sessi ma non mi reputo “transfemminista” come le iscritte a “Non una di meno”, anche se ho trovato scorretto inserire la politica estera in un evento contro la violenza sulle donne, credo sia comunque giusto esserci, perché diventi la piazza di tutte e di tutti.Per Giulia, per le altre donne umiliate, violentate, ammazzate. Dimostriamoci uniti, uomini e donne, facciamo rumore.
Maddalena

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