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Il Dantedì


È passato un mese dallo scoppio della guerra in Ucraina e la situazione non sembra proprio volgere per il meglio. Viviamo in presa diretta il conflitto, i media seguono continuamente bombardamenti e trattative, qualsiasi programma in televisione non sembra avere altri argomenti che la guerra. Una parola, risuona più di tutte: inferno. Inferno sono le bombe, le fiamme che mangiano gli edifici, inferno è scappare sotto i colpi di mortaio, le fosse comuni, passare le giornate in un rifugio, inferno è non aver da mangiare per i propri bambini, inferno è abbandonare la propria casa, la vita di prima, che diventare esule è sempre meglio che morire.

Di guerra, e di inferno, ne sapeva qualcosa il signor Dante Alighieri, che con la Commedia ha descritto il suo mondo, le sue storture, denunciato vizi ed orrori, indicato la via della salvezza.



Per questo oggi, 25 marzo, in occasione del Dantedì ho deciso di scrivere #CulturaPerTutti proprio su Dante e sul canto XVII del Paradiso della Divina Commedia, ovvero l’epilogo del suo incontro con Cacciaguida.

Partiamo dal presupposto che Dante è un esuletu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale” e cacciato da Firenze, vaga per le corti italiane e sopravvive grazie ai nobili che lo ospitano e lo supportano.

Dante è un uomo del popolo e utilizza Cacciaguida per sottolineare che anche lui ha degli antenati illustri, cosa che al tempo aveva un grande peso sociale. Così, durante il suo cammino con Beatrice, viene illuminato dalla presenza del trisavolo Cacciaguida degli Elisei, morto martire nelle crociate e fatto Cavaliere, un personaggio fondamentale per l’economia della Commedia.

Come Enea incontra Anchise, Dante incontra il suo avo e lo sfrutta per affidargli la profezia della Commedia “tutta tua vision fa manifesta”, un’opera per condannare il presente e i suoi costumi corrotti, per denunciare gli errori fatti e indicare nell’avidità umana la rovina del mondo, l’inferno.

Il Paradiso si trova invece nel buon tempo antico, nell’amore per le cose semplici, nella Fiorenza in cui “si stava in pace, sobria e pudica”. Basterebbe leggere le pagine del Sommo Poeta, per capire quanto la Storia si ripeta sempre, quanto la pace sia così facile da trovare, ma così difficile da conservare.




La luce in che rideva il mio tesoro

ch’io trovai lì, si fé prima corusca,

quale a raggio di sole specchio d’oro; 123

indi rispuose: «Coscienza fusca

o de la propria o de l’altrui vergogna

pur sentirà la tua parola brusca. 126

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,

tutta tua vision fa manifesta;

e lascia pur grattar dov’è la rogna. 129

Ché se la voce tua sarà molesta

nel primo gusto, vital nodrimento

lascerà poi, quando sarà digesta. 132

Questo tuo grido farà come vento,

che le più alte cime più percuote;

e ciò non fa d’onor poco argomento. 135

Però ti son mostrate in queste rote,

nel monte e ne la valle dolorosa

pur l’anime che son di fama note, 138


che l’animo di quel ch’ode, non posa

né ferma fede per essempro ch’aia

la sua radice incognita e ascosa,

né per altro argomento che non paia». 142


da Commedia, Paradiso, Canto XVII



Ne approfitto per augurarvi un buon fine settimana, Maddalena Maddalena


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