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Le nostre chimere



Nella mitologia classica la Chimera è un animale mostruoso, composto da varie parti: il corpo di un leone, sulla schiena la testa di una capra e la coda di serpente. La Chimera non è un essere mansueto ma anzi dalle sue tre bocche alita fiamme e viene utilizzata come metafora per indicare un’utopia, perché appunto è qualcosa che non esiste, l’assemblaggio folle di vari animali, una bestia che sputa fuoco, che arde di passione. La Chimera è un simbolo antichissimo tant’è che la sua etimologia è “chimaira” cioè “capra” in greco: da una parte mostro sputafuoco, dall’altra sogno vano, pura fantasticheria. Lo sapeva bene il poeta toscano Dino Campana, a cui è dedicata questa newsletter.


DINO CAMPANA - I Canti Orfici

C’è una storia drammatica dietro una delle opere più importanti della poesia del Novecento italiano ed è questa: Dino Campana cresce a Marradi, un paesino sull’Appennino tosco-emiliano, nel 1913 si avvicina all’ambiente letterario fiorentino e consegna a Soffici e Papini, direttori della rivista “Lacerba” il suo unico manoscritto “Il più lungo giorno”, una poderosa raccolta di poesie.

Il manoscritto viene perso, proprio da Soffici, e Dino Campana cosa fa? Lo riscrive da capo, ripescando nella sua memoria, e nel 1914 se lo pubblica da solo con il titolo “I canti orfici”. E’ questa la forza che sta dietro ad uno dei volumi che ha rivoluzionato la poesia italiana, la disperazione e la tenacia. Così nell’unico libro scritto da Dino Campana, possiamo trovare dei versi che aprono lo sguardo del poeta oltre al simbolo, “La Chimera”, e che lasciano un’invocazione a tutti i lettori:


“guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti

e l’immobilità dei firmamenti

e i gonfii rivi che vanno piangenti

e l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti

e ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti

e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.”


UN FILM: La Chimera


Nelle sale c’è “La Chimera” l’ultimo film di Alice Rohrwacher con i meravigliosi Josh O’Connor e Isabella Rossellini. Questa storia parla appunto di una Chimera, di un sogno: quello dei tombaroli di trovare nuovi tesori etruschi, quello del giovane rabdomante Arthur di ritrovare la sua bella defunta, Beniamina, proprio come Orfeo cerca Euridice nell’aldilà. Al netto delle vicende, che si susseguono a volte a singhiozzo e senza un particolare pathos per lo spettatore - ma la stessa regista ha ammesso che è voluto e che “mica bisogna entrare dappertutto” - questo film è un mondo, ha una sua estetica precisa, personaggi costruiti bene e un cromatismo magico che porta altrove, nella fantasia delicata della regista che ha dimostrato con quest’opera una maturità artistica originale e mai banale.


Un'opera: la Chimera di Arezzo


La Chimera di Arezzo, bronzo etrusco, V sec. a.C. - Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

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